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Ascoli Piceno - Tullio Pericoli, SEDENDO E MIRANDO, i paesaggi (1966-2009)

Tullio Pericoli alla Galleria d'Arte contemporanea di Ascoli Piceno

Inserito da (admin), venerdì 20 marzo 2009 00:00:00

La mostra di Tullio Pericoli, SEDENDO E MIRANDO, i paesaggi (1966-2009), citazione leopardiana che dà il nome anche a un dipinto in mostra, prende in esame l'intera ricerca sul paesaggio condotta dall'artista marchigiano (nato a Colli del Tronto in provincia di Ascoli, nel 1936 e vissuto dal 1961 a Milano) notissimo come disegnatore e ritrattista, ed è la più grande finora realizzata da Tullio Pericoli su questo tema.
La mostra, curata da Elena Pontiggia, organizzata dalla Provincia di Ascoli Piceno e dalla Fondazione Carisap con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il sostegno della Regione Marche e del Comune di Ascoli Piceno, costituisce l'evento più prestigioso del ricco programma del FESTIVAL SAGGI PAESAGGI.
Una mostra destinata a bissare il successo di quella che l'edizione 2008 del Festival ha dedicato ad Osvaldo Licini, artista prediletto da Pericoli e con il quale non sono poche le affinità di segno e di visioni.
SEDENDO E MIRANDO offre al pubblico una scelta articolata ed organica delle opere realizzate dal 1966 ad oggi in un percorso che segue l'evoluzione dell'artista nel suo rapporto con il paesaggio, rivelando la continuità del tema nella poetica di Pericoli, su un arco di oltre 40 anni di attività, per quanto in mostra prevalgano le opere degli ultimi quattro, cinque anni.
"Si tratta di un tema che non ho mai abbandonato, che ho trattato in periodi diversi, ora in forma di racconto, ora in modo più astratto", racconta l'artista In mostra presso la Galleria d'Arte Contemporanea di Ascoli Piceno, all'interno di uno splendido edificio conventuale rinascimentale, 130 opere per gran parte inedite. Soprattutto olii sulla cui materia pastosa l'artista spesso interviene con incisioni che danno spessore al dipinto e lasciano vibrare la superficie.
Si parte da Studio per la città in fiamme, 1966, si prosegue con la serie delle Geologie degli anni Settanta e, attraverso la serie intensa degli acquerelli della seconda metà del decennio, si giunge alle opere più recenti. Tra queste sono compresi tutti i più significativi lavori dell'artista, a partire dalla monumentale e spettacolare Lunetta per Torrecchia, eseguita nel 2002 per la residenza di campagna di Carlo Caracciolo.
Spiccano inoltre in mostra opere come Terra rossa (2004), Terreni (2007) e Alta collina (2008), quest'ultima nota perché adottata come logo della campagna nazionale di Italia Nostra "Paesaggi sensibili".
Pericoli allude nei suoi titoli ai paesaggi italiani, più spesso, marchigiani.
Vi allude cautamente, perché sono paesaggi non descritti ma reinventati, divenendo un paesaggio della fantasia e dell'anima: una sorta di linguaggio di valore universale. Riaffiora l'eco e l'atmosfera delle colline intorno ad Ascoli, quei campi, quelle distese della sua terra familiari fin dall'infanzia. "Tuttavia non è la realtà che interessa Pericoli, ma la realtà della pittura. Il suo è un viaggio nei territori del segno e del colore, tra le pieghe delle tele e delle carte per approdare a un oltre misterioso", scrive Elena Pontiggia. Questi quadri diventano ritratti e autoritratti: immagini dell'artista e immagini di noi, del nostro tempo. "Come in gran parte dell'arte moderna il paesaggio diventa un pretesto per una cartografia interiore e visionaria, una geografia di idee e di affetti", continua la curatrice.
Colori minerali che esplorano le estensioni dell'argento e dell'ardesia, i bianchi e le tante sfumature di grigio scabro dei canali o dei solchi tracciati come leggere incisioni. O al contrario si accendono di toni ferruginosi, materici, caldi, bruni, arancio e ocra; di verdi in simpatia di azzurro, di rosa albeggianti e teneri.
"La bellezza non manca in questa opere - sottolinea Elena Pontiggia - che raccontano di luci magiche e di segni alchemici, tramutando acque e terre in continui incantesimi."
"Io, dentro il mio dipingere metto il piacere di trasformare in pittura la bellezza del mondo usando i graffi del disegno come antiche cicatrici di un volto, i solchi del pennello, la sapienza dell'impaginazione, la capacità di leggere con gli occhi le stratificazioni e le relazioni presenti nella natura" afferma Pericoli.
L'artista inventa nei suoi quadri un'unità segnica nuova: i suoi mosaici dipinti nascono da porzioni di materia segnata, vergata. Un'unità di forma-segno che raccoglie l'eredità materica dell'informale alla quale Pericoli è giunto seguendo un lungo percorso che inizia appunto negli anni sessanta. Nei paesaggi invece della fine degli anni Sessanta, che Pericoli chiamava "geologie" in cui prevaleva una visione sotterranea attenta ad esplorare stratificazioni profonde, lo spazio non era ancora articolato in tarsie ma si presentava già scandito da andamenti linearistici che lo imprigionavano in un ostinato reticolo. Seguono opere impostate su un orizzonte virtuale intorno al quale fiorisce una famiglia di figurazioni embrionali e fantastiche (L'Orizzonte, 1976). Spazi visionari e fiabeschi compaiono anche nelle opere dei primi anni ottanta (Aria di pioggia, 1980; Paesaggio italiano, 1981) caratterizzate da una presenza lussureggiante di elementi lirici ed evocativi, disseminati in uno spazio rarefatto. E' a partire dagli anni novanta che, (da Terre d'ombra e Colline, 1999 a Lunetta per Torrecchia, 2002) la tela si struttura come un accostamento di forme-segni. Colline e città antiche, pianure e boschi, campi coltivati e cieli diventano un'enciclopedia di segmenti, un catalogo di punteggiature, un diario di ricami strappati e di graffi.
Opere dense di segni e di materia, quelle più recenti, meno letterali, apparentemente lontane da riferimenti alla natura. Superfici che modificano la forma, anche per quello che nascosto o misterioso c'è sotto, in un rapporto continuo tra la parte esteriore e quella interna. Una mappatura di intensa emotività che costituisce una sorta di idioma espressivo nell'invenzione e nella partitura di spazi altamente lirici. Ma cosa vogliono dirci questi segni che non sono meri esercizi grafici? Si domanda Elena Pontiggia.
"I paesaggi di Pericoli sono paesaggi abitati, non dall'uomo ma dal tempo. Da quelle stagioni che Leopardi si figurava sedendo e mirandoInfinito, appunto. E forse proprio questo heideggeriano essere-nel-tempo costituisce uno dei più alti insegnamenti di questi quadri. Perché la 'favola bella' che ci mostrano è anche una favola breve."

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