Tu sei qui: Eventi e SpettacoliIl paradigma di Ercole dall'antichità al Rinascimento
Inserito da (admin), venerdì 13 gennaio 2012 15:25:05
È sembrato opportuno, nell'anno delle celebrazioni dell'Ammannati culminate nella mostra monografica a lui dedicata al Museo del Bargello alla quale il gruppo bronzeo della Fontana grande del giardino di Castello è stato esposto, celebrare il suo ritorno alla villa della Petraia con una piccola mostra dedicata ai riferimenti culturali di cui è densa questa scultura, particolarmente allo studio dell'antico osservato in relazione alla rappresentazione di Ercole.
E' quasi superfluo ricordare quale ruolo importante avesse avuto l'iconografia di Ercole, modello per eccellenza della "virtus", nella propaganda medicea degli anni centrali del XVI, gli stessi che videro la realizzazione del gruppo dell'Ercole e Anteo dell'Ammannati.
Fulcro di questo "revival" erculeo legato alla celebrazione della famiglia fu la nuova residenza dinastica: Palazzo Pitti. A chi varcava la soglia del cortile della reggia si presentavano sin da subito due splendide statue raffiguranti Ercole. L'effige del semidio, infatti, non compariva solo sul sigillo di Cosimo, ma ricorreva anche in numerose medaglie coniate sotto il suo regno, nelle quali le fatiche raffigurate divenivano metafore delle imprese del granduca. Analogamente, anche le statue classiche esposte nella reggia si caricavano di nuovi significati che nulla avevano a che fare con l'originaria iconografia. E' questo, ad esempio, il caso della statua dell'Ercole in riposo di Lisippo, rinvenuta fra le rovine del Palazzo imperiale del Palatino nel 1566 e sistemata nella nicchia affacciata sul portico di sinistra del cortile. In questa scultura l'eroe è immaginato stanco e spossato in seguito alla fatica delle Esperidi, come suggeriscono i pomi tenuti nella mano destra. L'impresa, che aveva visto Ercole sottoporsi a un terribile sforzo per alleviare la fatica di Atlante, era divenuta, nell'interpretazione cinquecentesca, allusione allo spirito di servizio dei governanti che, come nuovi Ercoli, si assumono il ruolo di benefattori dell'Umanità.
Se la prima scultura classica collocata nel cortile era, dunque, un'allegoria di Cosimo come buon sovrano, anche la seconda, che raffigurava Ercole in lotta con il gigante Anteo, non era stata sistemata qui senza motivo. L'opera, una splendida copia di età romana da un archetipo greco del III secolo a.C. proveniente addirittura dal Belvedere Vaticano, dove era stata collocata sin dal 1509, giunse a Firenze nel 1564 solo grazie all'ascendente di Cosimo I sul papa. Anche in questo caso, la vittoria dell'eroe sul gigante figlio della dea Terra non era da intendersi solo come un generico simbolo della vittoria del Bene sul Male, ma poteva anche essere letta come un'allusione alle vittorie militari del granduca su Siena.
Tanto più l'Ercole e Anteo del giardino della villa di Castello, il luogo per eccellenza caro al granduca perchè casa degli avi e dimora preferita della madre Maria Salviati, era l'espressione massima del buon governo di Cosimo I, di una pace conquistata grazie a una dura lotta contro i propri nemici. Era il fulcro simbolico di un vero e proprio luogo di delizie attraversabile secondo un andamento ascendente, dalla villa, o discendente, seguendo dal monte il percorso delle acque. Si partiva in questo caso dal "salvatico" con accovacciato sullo specchio d'acqua del vivaio il bronzo dello stesso Ammannati con l'Appennino-Gennaio, quindi il giardino di limoni corrispondente al terrazzamento con la Grotta degli animali, poi il labirinto di verde intorno alla Venere-Fiorenza e di seguito, il Piano dell'Ercole. Il gruppo bronzeo era quindi l'acme di un percorso, da cogliere andando con lo sguardo verso l'alto, oltre il bacino marmoreo ottagonale, oltre il nodo con i putti marmorei, fino alla vasca con i putti bronzei e proseguendo verso il gioco dei putti con le oche e più oltre sino alla vasca minore su cui poggiava l'Ercole, accompagnati dal suono degli scherzi d'acqua. Il tradursi in vita della morte dell'avversario era reso dal fiotto altissimo proveniente dalla bocca di Anteo, stretto mortalmente da Ercole, il cui volto evocava quello di Cosimo granduca.
Oggi questo capolavoro cinquecentesco, essendo stato ricomposto tramite una copia l'insieme della Fontana nel giardino di Castello, è esposto in una sala terrena nell'ala sinistra della villa della Petraia, avendo in successione la sala della vasca con gli originale dei putti bronzei recentemente riaperta dopo una revisione dell'allestimento (20 aprile 2011).
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