Tu sei qui: Eventi e SpettacoliLa Monaca di Monza
Inserito da (admin), sabato 30 gennaio 2010 00:00:00
Dal 25 novembre 2009 al 21 marzo 2010, nelle Sale Panoramiche del Castello Sforzesco di Milano si terrà la mostra che ripercorre la vicenda della MONACA DI MONZA, uno dei più noti personaggi manzoniani, attraverso un percorso che presenterà oltre 60 opere di artisti ottocenteschi quali Francesco Hayez, Mosè Bianchi, Federico Faruffini, Giuseppe Molteni, Gaetano Previati e altri.
L'iniziativa, curata da Lorenza Tonani, è promossa dal Comune di Milano, ideata e prodotta da Alef, col patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Lombardia, della Provincia di Milano, della Provincia di Monza e Brianza; sponsor tecnico LeNord.
"La monaca di Monza è prima di tutto una donna. Con questo progetto abbiamo inteso offrire al pubblico una ri-lettura di uno dei personaggi dei Promessi sposi che più hanno colpito l'immaginario collettivo dell'universo manzoniano - spiega l'assessore alla Cultura del Comune di Milano Massimiliano Finazzer Flory -. In questa esposizione, proponendo al visitatore di assumere uno "sguardo dall'alto" e un attraversamento trasversale, vogliamo ripensare lo sfondo storico della vicenda letteraria, la documentazione originale del processo, l'interpretazione pittorica di questa tormentata figura femminile, la ricchezza delle trasposizioni teatrali e cinematografiche. Per sondare nelle pieghe dell'animo di Gertrude, a cui uno dei più noti riduttori - Giambattista Nasi - attribuiva tale affermazione: "La notte lascia un campo per maturare i pensieri", la complessità e la profondità della condizione della donna in quell'epoca, le aspirazioni e le frustrazioni di uno spirito moderno in cerca di identità e libertà".
Il percorso si snoda tra verità storica e rilettura romanzesca della figura di Marianna de Leyva, in religione suor Virginia, a tutti nota come la Gertrude dei Promessi sposi.
Gli eventi della Monaca di Monza sono indagati all'interno di un tema ben più vasto che riguarda la condizione femminile nella prima età moderna, con una particolare attenzione al fenomeno delle monacazioni forzate. L'argomento è analizzato non solo in rapporto all'esperienza claustrale, ma tocca trasversalmente altri aspetti della reclusione femminile, sempre determinata dall'autorità paterna e coniugale. A tal proposito, saranno le figure di donne private della libertà - Anna Bolena, Lucrezia Borgia, Pia de' Tolomei, Isabella Orsini - a introdurre il percorso espositivo.
Su tutte si erge però il personaggio della "grande peccatrice", restituito dal racconto di una storia privata che si intreccia con la vita e la cultura della Milano del Seicento.
La figura di Marianna viene ricostruita attraverso i documenti relativi a episodi della sua vita e alle famiglie da cui discese, i de Leyva e i Marino, proprietari dell'omonimo palazzo, ora sede del Comune di Milano, attraverso il carteggio con Federico Borromeo, custodito all'Ambrosiana, nonché attraverso gli Atti processuali, eccezionalmente esposti al pubblico, contenuti nel manoscritto conservato all'Archivio storico della Diocesi di Milano.
Gli Atti raccontano gli eccessi della società milanese del Seicento che crede ancora nei malefici e negli esorcismi e che affida alla tortura il compito di estorcere la verità, ponendo il colpevole in stato di profonda umiliazione.
Dopo essere stata murata per tredici anni in una cella del convento delle convertite di Santa Valeria, Virginia viene riabilitata alla vita conventuale e consegna alle lettere scritte al Cardinale Borromeo il messaggio di una "verace penitenza", di un'espiazione dolorosa e convinta, di una pacificazione raggiunta.
Alla drammatica voce della verità storica si sovrappone, nella seconda parte della mostra, il racconto letterario e figurativo della Monaca di Monza, che ha goduto e gode tutt'ora di un costante favore, come conferma la sua ininterrotta fortuna, che la vede rappresentata tanto come la Gertrude "oppressa", quanto come la "grande peccatrice".
Le crisi di coscienza e le remore morali di Virginia, nella traduzione manzoniana del personaggio della sventurata Gertrude, furono oggetto di straordinarie prove pittoriche da parte di diversi artisti dell'Ottocento: dall'intimo e delicato "ritratto" di Francesco Hayez, allo scomposto sussulto con il quale Mosè Bianchi coglie la Monaca in un'inquietudine mai realmente trattenuta.
Indimenticabile personaggio del romanzo, Gertrude è stata poi soggetto privilegiato di alcune tavole delle diverse edizioni del capolavoro manzoniano: in mostra verranno presentati i disegni di Francesco Gonin per l'illustrazione dei Promessi sposi del 1840, conservati alla Biblioteca Nazionale Braidense e gli splendidi disegni di Gaetano Previati provenienti dal Gabinetto dei disegni del Castello Sforzesco nonché varie prove incise ottocentesche della Raccolta Bertarelli, fino alle proposte degli anni '60 e '70 del Novecento di Giorgio De Chirico ed Ernesto Treccani.
Chiude il percorso una speciale sezione dedicata alle riduzioni drammaturgiche della vicenda della Monaca di Monza: dal dramma teatrale di Testori, Luchino Visconti realizzò uno spettacolo nel 1967 avente per protagonista Lilla Brignone, destinato a suscitare forti polemiche. Sullo stesso testo, recentemente, la compagnia Teatridithalia ha riproposto il dramma. Lucilla Morlacchi, attrice protagonista ha fermamente creduto nella forza del testo della Monaca di Monza e, in sintonia con lei, il regista Elio De Capitani ha riconosciuto "un testo magmatico e affascinante, pieno di zone opache e squarci luminosissimi".
Accompagna la mostra un catalogo Silvana Editoriale.
Nota biografica di Marianna de Leyva
Marianna de Leyva, in religione Suor Virginia, a tutti nota come la Gertrude manzoniana, nasce tra la fine del 1575 e l'inizio del 1576 da Martino de Leyva, nipote di Antonio de Leyva, primo governatore spagnolo di Milano, e Virginia Marino, figlia di Tomaso Marino, banchiere genovese committente di Palazzo Marino, oggi sede del Comune di Milano. Vedova di Ercole Pio di Savoia, signore di Sassuolo, Virginia muore nel 1576 e divide per testamento l'asse ereditario in parti uguali, tra il primogenito di primo letto e la figlia avuta dalle seconde nozze. L'infanzia di Marianna è affidata alle balie e alla zia Marianna de Leyva Soncino e trascorre a Palazzo Marino, in solitudine. La vicenda di Marianna racconta di un precoce internamento in un monastero claustrale, nel convento di Santa Margherita a Monza, in seguito a una serie di sfortunate contingenze, tra cui il tracollo delle fortune familiari. Nel 1580 i Pio di Savoia impugnano il testamento di Virginia Marino per ottenere un riconoscimento maggiore e Martino de Leyva, che la carriera militare porta a frequenti assenze da Milano, accetta la divisione del patrimonio richiesta. Tra il 1584 e il 1586 si determina il tracollo della fortuna dei Marino; Martino de Leyva intanto contrae un nuovo matrimonio in Spagna ed è perseguitato dal Fisco. A seguito di questi fatti nel 1589 chiede a Marianna di vestire l'abito monastico. Con il nome materno di Virginia Maria, Marianna de Leyva entra nel convento di Santa Margherita a Monza, nella posizione privilegiata di feudataria di Monza. Nel 1597 si colloca il primo incontro con Gian Paolo Osio, suo futuro amante, che viveva nella casa posta di fronte al monastero. Virginia fa bandire l'uomo per aver ucciso Molteno, agente dei de Leyva. Ristabiliti i rapporti, l'Osio riesce a frequentare di continuo il monastero con la complicità di altre monache. Nel 1604 si colloca la nascita di Alma Francesca Margherita, il frutto dell'amore proibito, che Osio riconosce e affida alle cure di una donna esterna al convento. Divenuta madre, Virginia vive continue crisi di coscienza e remore morali, che si alternano a periodi di prostrazione fisica. Tra il 1606 e il 1607 la situazione precipita. Nel 1606 Osio uccide la conversa Caterina della Cassina da Meda, la quale minacciava di svelare la tresca al Cardinale Borromeo. Senza pietà l'uomo fa a pezzi il corpo e, decapitatolo, getta la testa in un pozzo. Stesso destino di morte subiscono il fabbro che aveva realizzato i duplicati delle chiavi di accesso al monastero e lo speziale Roncino che minacciava rivelazioni. Nel 1607 il governatore di Milano Fuentes ordina l'arresto di Osio per gli omicidi commessi e lo fa condurre in prigione al castello di Pavia. Nello stesso anno Federico Borromeo fa visita a Virginia nel convento di Santa Margherita. Alla fine dell'anno Virginia viene condotta in prigione al convento del Bocchetto. Osio intanto, evaso dalla prigione pavese, cerca di uccidere suor Benedetta e suor Ottavia, a loro volta divenute da complici scomodi testimoni, gettando la prima in un pozzo e la seconda in un fiume. Entrambe sopravvivono, ma Ottavia muore poco dopo a seguito degli effetti delle percosse. Nel 1608 la sentenza del processo intentatogli stabilisce per Gian Paolo Osio il bando, la condanna alla forca e la confisca dei beni. In fuga, trova alla fine la morte, tradito e ucciso da un amico. Virginia, sottoposta a processo ecclesiastico, è costretta alla prigionia, murata in cella presso il convento delle convertite di Santa Valeria, che accoglieva meretrici e religiose macchiatesi di colpe simili alla sua. Qui inizia un percorso spirituale di redenzione. Nel 1622 viene abbattuto il muro che la separava dalla vita monastica, ma l'impatto con la realtà conventuale non è facile e Virginia sceglie di preferenza la solitudine. Dal 1625 datano le lettere di contrizione inviate al cardinale Borromeo, lettere alle quali è affidato il suo pentimento. Nel 1650 suor Virginia, al secolo Marianna de Leyva, muore.
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