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Eventi e Spettacoli

La Galleria "Il Catalogo" di Salerno presenta

Sergio Scatizzi - Opere scelte

18 dipinti visibili al pubblico fino al 4 maggio.

Inserito da Olga Chieffi (admin), giovedì 4 aprile 2013 20:17:35

Sabato 6 aprile 2013 alle ore 19,30 la Galleria "Il Catalogo" di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta - Salerno , via A.M. De Luca, 14 inaugurerà la mostra di Sergio Scatizzi dal titolo "Opere Scelte", 18 dipinti visibili al pubblico fino al 4 maggio.

Orari di apertura: martedì - sabato; ore 10,30 - 12,30; ore 17,30 - 20,00 Info: 089.232666; www.ilcatalogo.com; info@ilcatalogo.comwww.facebook.com/antonio.adiletta.505

La storia del Catalogo nel segno di Sergio Scatizzi con "Opere scelte". Dal 6 aprile, giorno dell'inaugurazione_drink alle ore 19,30, in mostra, nello spazio espositivo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta, 18 opere dell'artista toscano testimoni di quella lunga e ferace amicizia durata sino alla sua scomparsa. L' aprile della galleria Il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta sarà interamente dedicato alla storia di una lunga collaborazione e amicizia tra lo storico spazio espositivo salernitano e l'artista toscano Sergio Scatizzi. Il vernissage della mostra "Opere scelte", che proporrà 18 dipinti, olii che Lelio e Antonio hanno conservato gelosamente quali testimoni di un lunghissimo periodo di rapporti e che vanno dal 1956, con un intenso vaso di fiori, sino alle ultime mostre al Catalogo "Nature metafisiche", e "Carte dipinte", di poco precedente la scomparsa dell'artista, avvenuta nel 2009, si svolgerà sabato 6 aprile a partire dalle 19,30.

Nel colore di Sergio Scatizzi è scritto il diario della sua vita, memoria dell'antico e osservazione del presente, solitudine melanconica e partecipazione alla bellezza del mondo, segno e sogno ad inseguirsi nella sua diuturna attività, nelle sue mille opere alitanti di poesia, testimoni della sua mano sorretta da una ininterrotta felicità di visione, da un mirabile stato di grazia che ha pochi paragoni nell'arte, non solo italiana del secolo, una feconda giovinezza espressiva, una fatale contiguità col dipingere. Inconfondibili e nuovi i valori della luce e dell'immagine della maremma e del mare, da sempre soggetti amati dal Maestro, che divengono luogo dell'anima e del suo riposo, rispecchiantesi in una solare tavolozza di azzurri intensi, di verdi e di gialli. Il paesaggio toscano, diventa una specie di buen retiro, trasfigurato come ultimo Eden, al quale approda il lungo viaggio pittorico di Scatizzi, il suo epico "nostos" nel colore e nell'immagine di una bellezza mitica della natura che risarcisca dagli errori e orrori della storia degli uomini. Una bellezza en plein air, intrisa di luce, testimoniata dalle diverse raccolte terre verdi, e terre senesi, in cui procede senza disegno, poiché scrivere o predisporre parzialmente verrebbe a creare una dicotomia frenante a modellare con le spatole e i coltelli, serbando ai piani e alle loro articolazioni e svolte, una spontanea insorgenza e un organico assestamento, operando sulle orografie cromatiche con colpi di pennello e di stecca, che spesso formano armature sottostanti e avvolgenti delle linee spaziali, sempre adunche e vibranti come ferite o come leggeri arpeggi di toccata. "Pare che l'artista abbia colto in sostanza, l'urgenza del bisogno di realtà nel solco della tradizione novecentesca - scrive nel suo testo critico Marcella Ferro - rifiutandone però la mera retorica. Interpretando gli oggetti e il paesaggio, quali illuminazioni ora tragiche, melanconiche, ora sfioranti l'astrazione". Senza contraddizione, né scarto, è coerente e si direbbe inevitabile che nel tempo, verso gli anni '70, Scatizzi innesti sugli scalati, e perciò animati, piani orizzontali dei paesaggi, i motivi ricorrenti dei suoi dialoghi interni. Egli parte da un nucleo che erompe ed arde su di un fondo discontinuo o reattivo che sembra provvisorio, immerso in materiali incandescenti, luminosissimi, capace di sgranare esattamente le forze coloristiche che da lui si generano, rimanendo sulla border line di una continua trasmutazione. A volte appaiono chiare le traiettorie di quella segreta vitalità, e si coglie maggiormente il senso di quelle sequenze per cui, accostando immagine ad immagine, anche l'oggetto si spezza e conclude per ricomporsi e crescere altrove, mai mutando l'arco melodico, teso, del suo canto. La profondità, dunque, non è nel vuoto intorno alle cose, ma "dentro" la materia del colore, e non è soltanto densità, ma struttura quasi cristallina delle masse coloristiche. Con la sua tecnica, che è un vero e proprio "fare", suscitato dalle forze profonde dell'essere - la sensazione rimane sensazione, non si precisa in nozione - il Maestro ci accompagnerà in questa sobria e accattivante artisticità della natura, in cui sono inscritte le tappe di un lungo viaggio domestico, che non possiamo non compiere, guidati dal suo tocco veloce e determinato, dal suo colore intriso di luce, rispondente alla necessità di ottenere quella resa ottica del vero che coincide con la sua ricerca artistica. In questa nostalgica sfera cromatica di visioni è riassunta coerentemente l'avventura pittorica dell'artista, di un poeta e soprattutto di un uomo, che ha fatto del colore e del suo segno, il proprio grido d'amore per il creato; di un vecchio pittore che, ancora non si è stancato di stupirsi e che continuerà a ripetere quel grido, finchè la sensazione di un fermento vitale giungerà a chi contemplerà la sua pittura che vivrà come corpo vivo, palpitante, rinnovandosi ad ogni sguardo.

Biografia. Sergio Scatizzi nacque a Gragnano, in provincia di Lucca, il 20 ottobre 1918 e trascorse la sua giovinezza nella campagna lucchese a Valdinievole. Seguirono un soggiorno a Napoli e un trasferimento a Roma, dove ebbe modo di avvicinarsi al vivace ambiente artistico della capitale, che subito lo attrasse e dove conobbe Mario Mafai ed Antonietta Raphael. Dopo due anni trascorsi a Parigi conobbe, durante la Seconda Guerra Mondiale, Giovanni Comisso, Filippo De Pisis e Giorgio Morandi. Al termine del conflitto mondiale si unì al gruppo dei pittori pistoiesi, esponendo in diverse collettive e, successivamente, conobbe Ardengo Soffici. A Montecatini, nel 1949, tenne la sua prima personale e nel 1950 espose alla XXV Biennale di Venezia. Seguì anche il Premio di Pittura "Bagni di Lucca", occasione che gli permise di incontrare Carlo Carrà, presidente di giuria. Dal 1951 iniziò il sodalizio con Ottone Rosai, del quale frequentò per molti anni lo studio di Via degli Artisti. Anni dopo Sergio Scatizzi si stabilì a Firenze continuando la sua attività espositiva lungo tutta la penisola, fino ad una delle sue grandi consacrazioni avvenuta a Milano, nel 1982, presso il Salone della Galleria Annunciata. Risale al 1969 l'inizio del percorso amicale e professionale con la Galleria Il Catalogo, durato, attraverso numerose personali allestite negli spazi espositivi salernitani, fino alla sua scomparsa avvenuta il 1 dicembre 2009.

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